mercoledì 14 settembre 2016

Mindfulness e disturbo borderline



Di recente ho letto "Mindfulness for Borderline" di Blaise Aguirre e Gillian Galen  ,  un libro che parla della tecnica della mindfulness come supporto alla terapia del disturbo borderline.


Spesso mi sento completamente scollegata dal presente; in preda alle emozioni penso che le cose non cambieranno ma e questo modo di vivere le esperienze attraverso le emozioni e la categorizzazione estrema di quanto mi sta accadendo, spesso mi scollega dalla realtà, tanto che arrivo a cancellare dalla memoria la causa che ha originato quel senso di vuoto che mi ha condotto all'ennesima crisi.

Ma cos'è la mindfulness? E' vivere l'attimo presente con consapevolezza, guardare ciò che si prova senza giudizio e focalizzarsi su quello che ci sta attorno senza trovarsi in balia delle emozioni.
E' una tecnica meditativa il cui obiettivo è focalizzarsi sul presente, sulla vita quotidiana, vivere il qui e ora con la piena consapevolezza di quanto ci sta attorno.

Tipico della cultura occidentale è vedere la sofferenza come uno stato dal quale fuggire e chi soffre del disturbo borderline spesso lo fa apportando nuova sofferenza al proprio stato, abusando di alcool o droghe, abbuffandosi di cibo oppure creando le condizioni affinché le persone che ci stanno accanto da un momento all'altro decidano di abbandonarci.

La Prima Nobile Verità del Buddhismo invece sottolinea come l'esistenza sia sofferenza, quindi in realtà il dolore che noi pensiamo di provare in maniera così esclusiva e forte anche gli altri lo provano, ma a differenza nostra non tentano di fuggirlo, ma lo affrontano con strategie che sono in grado non di amplificarlo, ma di minimizzarlo, consapevoli che quello che sta accadendo non è permanente, ma si tratta solo di un momento che prima o poi passerà, che la gioia e il dolore sono stati della nostra vita in continua fluttuazione.
Il Buddhismo vede a sofferenza con gratitudine, perché testimonianza dei cambiamenti che stanno avvenendo nella nostra vita.

La Seconda Nobile Verità è che il dolore è provocato dall'attaccamento, rimanere aggrappati al male che si è provato in passato, alle esperienze negative e ai traumi che sono accaduti.
Per chi soffre del disturbo questo è un altro punto critico, dato che di fronte al dolore vi è la difficoltà a riportarsi ad uno stato emozionale base.
Inoltre tendiamo ad idealizzare le persone e le situazioni e nel momento in cui queste non riflettono le nostre aspettative il dolore si fa sentire.

La Terza Nobile Verità è che è possibile arrivare alla cessazione della sofferenza.
Nel momento in cui si ha la piena consapevolezza della sofferenza come stato naturale della vita, si supera l'attaccamento e il passato lasciando spazio alla vita, alla gioia e alla felicità.

La Quarta Nobile Verità è che esiste una strada che ci porta al di la della sofferenza.
Una strada che passando dalla consapevolezza della sofferenza, dal superamento degli attaccamenti, dalla compassione verso noi stessi,  ci conduce ad investire una maggiore energia sulle cose che ci apportano gioia e felicità.





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